14.2.12

Il secolo xvi, tempo di conversione personale: Gaetano Thiene.



La Chiesa del xvi secolo, sollecitata dalle grandi mutazioni politiche, economiche e culturali, affronta con incertezza i primi decenni del secolo della modernità, che muove i suoi primi passi con inedita celerità, quella stessa rapidità che ebbe la diffusione del libro a stampa e il rapido diffondersi delle idee e dei testi dei vari e diversi predicatori. Divulgatori di una Riforma che assume via via toni ora ascetico-politici di stampo quasi Calvinista (Savonarola); ora toni spiritualistici, facendo ricorso all’esperienza francescana di stampo duo-trecentesca, ma non priva di spunti di modernità sociale, capaci di un’analisi innovativa e decisamente moderna (Bernardino da Siena e la sua opera Sui contratti e l’usura). Non mancarono, ancora, i toni di coloro che, nella ricerca di una presunta immacolatezza ontogenetica della Chiesa, alla quale fare ritorno, affidarono il senso e le ragioni di una ricerca di Rinnovamento al districarsi tra le tante tradizioni, liturgie, ammennicoli, gesti, reliquie, retaggio della lunga epoca medievale, che ora finiva il suo corso (Lutero).
Tutti i diversi cammini avevano il medesimo desiderio, comporre un (nuovo) coro, limpido e cristallino, di cantori delle fede. Tutte queste persone si riconoscevano come investite del compito di rievangelizzare, “diffondendo il buon profumo di Cristo” e insegnando “l’alfabeto di Cristo”.
Nel cammino di approfondimento di taluni non mancò l’indagine (forse esasperata) sulle “origini” del fenomeno cristiano, per la quale il Rinascimento e l’umanesimo avevano dato una prima (ottima) mano; ma alcuni finirono per inseguire – oltre alle origini – una mitica “età dell’oro” della Chiesa. Una Chiesa (pura) prima della Chiesa attuale, vista come impura, in cattività, prigioniera del papato, usurpatore e anticristo.
Per tutti rinnovamento equivaleva a rifarsi ai “tempi della giovinezza” della Chiesa, alla Chiesa di Palestina, alla Chiesa degli Atti degli Apostoli.
Era quasi uno schema dirimente, una intentio ad excludendum, un metodo di discernimento: chi cerca (e segue) le origini della Chiesa e chi cerca la (sola) tradizione. Gli uni si rifacevano al Vangelo, sottraendo agli altri il diritto del Vangelo, descrivendoli discepoli del Papa e delle tradizioni romane. Gli altri offrivano una visione più costituita e materiale della Chiesa; non siamo lontani dalla Chiesa di S. Roberto Bellarmino “la Chiesa di Cristo è una società così visibile e organizzata come furono al loro tempo l’impero romano, la repubblica di Venezia o il regno di Francia!”. Il tutto condito con abbondanti dosi di autoreferenzialità per tutte le parti in causa, e ciò che doveva stare assieme fu innaturalmente diviso e contrapposto!
Il Vangelo pareva essere esclusivo appannaggio di coloro che favoleggiavano questo ritorno alle origini, quasi dimenticando oltre mille anni di storia e di vita, che avevano di fatto creato un tesoro immenso di insegnamenti e di comprensione del dato rivelato. Un tesoro che non poteva esser taciuto né tantomeno buttato via. Di contro, altri difendevano strenuamente il dato della Tradizione, e lo comprendevano quale vera ricchezza! Tale patrimonio, la Tradizione vivente della Chiesa, non poteva esser inteso come antitesi al Vangelo, ma – anzi – la Tradizione era “la mano che aveva scritto, conservato e passato il Vangelo alle generazioni future”. In tale contesto storico non vi fu la volontà di comprendere le ragioni gli uni degli altri, e non piccola fu l’ombra del potere politico che, nella frattura del mondo cattolico, vedeva spiragli di nuovi equilibri.
Entrambe le parti sono da biasimare! I due orientamenti (volendo semplificare le tante e varie diversità in una semplice e qui necessaria distinzione dicotomatica), che da sempre si confrontavano attraverso le varie scuole teologiche, gli Ordini e le Università, su tutti quegli aspetti e questioni del Credo ancora aperti, lì dove non c’era ancora il dato dogmatico (Trento, poi, provvide su quasi tutto), di fatto passarono dal raffronto allo scontro e dallo scontro alla reciproca riprovazione ed esclusione: ognuno diceva di sé vera Chiesa e l’altro era indicato e relegato a essere figlio del Diavolo!
La divisione che si venne a creare fu tremenda, e non si riuscì più a tenere il discorso teologico ed ecclesiologico in una possibile visione ellittica (i due fuochi, le due realtà che “stanno insieme e cadono insieme”); ci si abbarbicò sulle posizioni proprie, si escluse l’altra parte, l’altro sentire, il diverso declinare la fede e la spiritualità. Si etichettò come nemica/avversaria la parte diversa/avversa, e la ricerca della Verità, della Dottrina e delle Origini, in vista di un ritorno al Vangelo, per una Riforma che si affermasse come una conversione universale dei battezzati, fu la miccia che bruciò l’Europa, e creò lutti e stragi innumerevoli.
Molti toni, molte note, per quella che sarà la grande strada della Riforma, nei suoi momenti esaltanti e tremendi; le sue luci e le tante tenebre, ciò che seppe costruire e ciò che distrusse! In realtà (su molte questioni) si dicevano le stesse cose, ma con sensibilità e accentuazioni diverse; forse mancò a entrambi le parti quello che auspicavano: la conversione al Vangelo. Ne erano divenuti predicatori e non (mai) cantori innamorati!
In questo contesto si pone la figura di Gaetano Thiene, a cavaliere tra ’400 e ’500, come uomo dalla forte radice medievale e dalla nuova sensibilità portata dal Rinascimento. Uomo di studi umanistici eppur consapevole che non è l’uomo il centro del mondo… Non incantato dal fluire sottile e sciolto del cantore Erasmo, né chiuso dagli studi giuridici. Gaetano fu uomo intriso di spiritualità incarnata, la sua carità sapeva di carne, nell’assistenza agli ammalati presso gli ospedali dove prestava il suo servizio. Uomo di preghiera, perché uomo dello stupore: Santa Maria gli aveva messo tra le braccia, “senza cuore”, il Bambino Gesù. Uomo di fiducia, non gli era mancato mai nulla: neppure quando le soldataglie lanzichenecche lo catturarono, lo imprigionarono, lo malmenarono, lo torturarono. Gaetano sperimenta la liberazione senza avere raccomandazioni nascoste, ma la Provvidenza, all’ora puntuale della salvezza, esalta se stessa!
Nel contesto del suo tempo, delle lotte e delle divisioni di quanti vogliono la conversione… degli altri, Gaetano Thiene scelse il cammino umile e nascosto della sua personale vicinanza a Cristo, apprezzato tra la povera gente, solo nelle città segnate dalla peste, dal bisogno.
Gaetano ode assordante la voce di Gesù che lo chiama a seguirlo nel servizio e nella relazione profonda, che è fiducia e certezza della Provvidenza. Questa fu la scoperta di Gaetano, questo fu il suo ardito desiderio, il suo coraggio: dire a Dio, se non mi dai il fuoco non mi hai dato nulla!!